Approfittiamo della notizia riportata nel comunicato di Agrate, riportato qui sotto, per offrire uno spunto di riflessione su temi quali l’inserimento delle categorie protette e, più in generale, su situazioni delicate che possono riguardare le lavoratrici e i lavoratori durante l’intero arco della loro vita in azienda.
Il recente passato ha visto le RSU impegnate a tentare di costruire un rapporto di collaborazione con la direzione per gestire, ognuno per il ruolo che riveste ovviamente, l’inserimento e la gestione delle medesime categorie protette in ST. All’interno delle aziende come la nostra, infatti, la legge prevede vi sia una quota pari al 7% del suo organico complessivo composta da persone con disabilità di vario livello; c’è da evidenziare che ST è sempre stata MOLTO sotto, tanto da aver visto intervenire le province interessate e solo a questo punto ha quindi stipulato una convenzione per inserire, negli anni, personale titolato nel proprio organico. La nostra offerta di collaborazione era – e resta – fondamentalmente volta a gestire, congiuntamente e nel miglior modo possibile, l’inserimento di queste persone (ricordiamo che non è un fatto “meccanico”, implica attenzione ad aspetti sociali e di relazione importanti), naturalmente senza voler entrare – se non con il consenso esplicito delle persone interessate – nei singoli casi, nel pieno rispetto della riservatezza dovuta a tutti. Ad oggi, però, la direzione ha mantenuto un atteggiamento di totale chiusura e constatiamo che ci sono negate persino le informazione sui contenuti della convenzione in essere e l’ammontare numerico degli inserimenti fatti nel tempo previsti dalle leggi vigenti in materia. I dati della percentuale di disabili presenti e degli inserimenti dovrebbero essere pubblici, ma l’azienda ce li nega, così dovremo andare in “pellegrinaggio” presso le Province per averli.
Il caso di Agrate ha riguardato l’inserimento e la conseguente non conferma di un disabile, nel periodo di prova (che dura, per loro, un anno!)
Anni fa, succedeva che si univano le forze e le competenze presenti nei diversi ruoli per poter gestire situazioni di oggettiva difficoltà alla ricerca di soluzioni che non fossero mai drammatiche. Agrate disponeva di un gruppo di lavoro che si riuniva per esaminare i casi più delicati (legati alle categorie protette e più in generale alle persone interessate da sopraggiunte malattie, problemi di relazione, disabilità) che ha reso possibile costruire un atteggiamento positivo e collaborativo, nell’interesse sia dell’azienda sia delle persone in difficoltà.
Questo episodio – assieme a quelli che hanno riguardato ad esempio il licenziamento di personale con malattie GRAVI, o più in generale con problemi a casa, di anziani, a cui aggiungiamo le vere e proprie angherie a carico di chi fa part-time o ha diritto ad esenzioni da determinati orari o ambienti – dimostra appunto che quel tempo è davvero passato: la direzione ha cambiato pelle, ha cambiato atteggiamento, non è più disposta – salvo eccezioni – a “sopportare” persone che non possano offrire una diversa prestazione, che non sia da “superuomini e superdonne”. Se si presenta un problema, lo affronta quindi licenziando…
Continuiamo a pensare che si tratti di un pessimo modo di affrontare queste ed altre questioni: la ricchezza, la stabilità e il protrarsi nel tempo dei successi di questa stessa azienda sono stati e sono ancora legati alle PERSONE! Ebbene, non c’è alcuna etica, nessun valore nel trattare le PERSONE come limoni da spremere finché c’è succo e da buttare, poi, appena le loro “prestazioni” scendono sotto il livello “super”!
CHIEDIAMO NUOVAMENTE CHE VENGA AVVIATO, IN CASI COME QUESTI, UN CONFRONTO CON LE PARTI PER RICERCARE INSIEME TUTTE LE SOLUZIONI POSSIBILI, CHE TENGANO CONTO SIA DELLE ESIGENZE PRODUTTIVE CHE DI QUELLE DEGLI INDIVIDUI.
Fantascienza? Secondo noi no.
Il licenziamento era e rimane da considerarsi solo in casi estremi, nell’interesse dell’azienda, delle persone e nell’ottica del minore impatto sociale possibile.
La “social responsibility” che ST ha e pubblicizza si deve necessariamente tradurre in azioni concrete di rispetto dei problemi sociali e personali, non in uno slogan vuoto che serve solo a riempire un report da dare in pasto alla stampa e agli azionisti.
Cornaredo, 13 settembre 2016 RSU ST Castelletto www.rsustcastelletto.org
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